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Ictus e infarto: scoperto un batterio della bocca che ne dimezza il rischio

Ictus e infarto: scoperto un batterio della bocca che ne dimezza il rischio

Esiste un batterio della bocca che è positivo per la salute del cavo orale ma, a quanto pare, anche per la salute dei paziente che hanno malattie cardiovascolari o rischiano di averne. Questo batterio sarebbe anche utile a capire il grado di rischio di un paziente nel contrarre questo tipo di malattie. Il nome di questo batterio è l’Eichenelkla corrodens.

Una ricerca di Dipartimento di Parodontologia della Università Martin Luther a Halle-Wittenberg, pubblicata sulla rivista Clinical Periodontology, ha fatto emergere che la presenza del batterio con molta probabilità dimezza il rischio di ictus e infarto nei pazienti con problemi cardiovascolari.

La ricerca e il suo scopo

Diversi studi hanno identificato la parodontite come un fattore indipendente di rischio per quanto concerne le malattie cardiovascolari.

Lo scopo della ricerca sopracitata è comprendere se la presenza o meno di specifici batteri nel cavo orale possa influenzare e sia quindi correlata al rischio cardiovascolare di una persona.

Il metodo e il risultato della ricerca tedesca  

I parodontologi dell’Università tedesca Martin Luther, hanno analizzato la salute di 1.000 pazienti per 3 anni, facendo una ricerca dettagliata della composizione batterica del cavo orale di ciascuno di loro. Sembra che i risultati abbiano mostrato che una scarsa percentuale di E. corrodens aumenti i rischi di ictus e infarto.

Questo risultato è solamente l’inizio e ovviamente servono altri studi. L’analisi approfondita dei batteri presenti all’interno della bocca potrebbe indicare la predisposizione a ictus e infarto di una persona.

A confermare queste supposizioni è Cristiano Tomasi socio della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia che in un’intervista all’ANSA dichiara: “Che il calo di concentrazione di questo batterio buono possa diventare un indicatore di rischio cardiovascolare pone molte questioni ed apre a molte possibilità per ricerche future sulla correlazione tra malattia parodontale e rischio cardiovascolare“.

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