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Dimagrire, dolce dormire

Dimagrire, dolce dormire

Attività fisica? Diete? Rimedi drastici? Esistono tanti modi per dimagrire, ma è anche importante dormire. Ormai non è più solo un luogo comune: il sonno aiuta a non ingrassare.

Dormire fa bene: ce lo dice la scienza

Secondo uno studio condotto in Italia dal Consiglio nazionale delle ricerche, durante il sonno il cervello mette in atto una precisa strategia per evitare che il corpo prenda peso. La ricerca scientifica, pubblicata su “Pnas”, è stata condotta da Luigia Cristino, ricercatrice dell’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Pozzuoli, in collaborazione con Ceinge, Istituto di biochimica delle proteine del Cnr, Università Federico II di Napoli e Università Carlo Bo di Urbino. Prendendo spunto da una proprietà fondamentale del cervello, la plasticità sinaptica (l’abilità dei circuiti neurali di essere rimodellati in funzione degli stimoli ricevuti dal cervello), i ricercatori hanno scoperto che lo stimolo della fame genera un calo del livello circolante dell’ormone leptina (inibitore della fame), incrementando significativamente quello dell’endocannabinoide 2-AG (acceleratore della fame) nell’ipotalamo. Fondamentale è il ruolo dell’orexina-A, un peptide di 33 amminoacidi che agisce da potente induttore della sintesi del 2-AG che, a sua volta, attiva il recettore CB1 del sistema endocannabinoide nei neuroni Pomc dell’ipotalamo, bloccando così la produzione di a-MSH, un altro ormone legato alla diminuzione della fame. Grazie a questo complesso meccanismo, durante la veglia gli individui normopeso possono usufruire di un corretto apporto di energia, che diventa difettoso nei soggetti obesi a causa del malfunzionamento della leptina.

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Il rapporto tra insonnia e obesità

Questo studio mette in luce un altro aspetto sul rapporto tra sonno e peso: chi soffre di obesità è spesso soggetto a insonnia. La ricerca ha infatti riscontrato nel sangue di maschi adulti obesi (Bmi>36, età media 25-32 anni) una correlazione inversa tra i livelli circolanti di orexina-A e quelli di a-Msh, dovuta all’alterazione dei valori delle transaminasi.